Opinioni

 

Spoleto Città della Cultura. Ma ne vogliamo parlare?

Parte Seconda

 

Parliamo dei tagli e della  vision di Città della Cultura.

 

La città di Spoleto già da alcuni anni ha intrapreso un percorso, attraverso delle scelte di politica urbana (mobilità alternativa recuperi museali) sviluppando delle strategie  tendenti  a far ri- conquistare alla città il ruolo, l’autorevolezza e la visibilità sulla scena nazionale e internazionale, come centro di eccellenza in campo culturale. Sulle ali del FU Festival dei Due Mondi!

Fulcro di questa visione  è stata la consapevolezza della centralità del patrimonio culturale nelle strategie di gestione dei diversi settori dell’amministrazione e  nella programmazione e pianificazione delle  azioni finalizzate allo sviluppo durevole e sostenibile del territorio e della comunità. Bene!

Ma l’essere Spoleto unanimemente e universalmente considerata una città d’arte non garantisce di per sé che questo patrimonio possa costituire il volano di una nuova economia e la base per una migliore qualità della vita della popolazione.

Perché questi obiettivi possano essere raggiunti (e quindi la visione considerata valida e perseguibile) è necessario che siano soddisfatte una serie di condizioni locali, caratteristiche dei cosiddetti “sistemi culturali evoluti”. Primo fra tutti il capitale umano e le azioni per formarlo o crearlo. Poi la cura e protezione dei beni culturali, infine la difesa del paesaggio.

 

Queste sono operazioni di una certa durata e profondità, che richiedono fermezza e costanza e coerenza di decisioni, atti e soluzioni.

 

Orbene, ditemi voi cosa ci dice la soluzione prospettata per il recupero del buco di bilancio? Leggiamo e analizziamo i tagli: non ci vuole molto. Riguardano solo 1 milione e 800 mila euro a fronte di alienazione per 11 milioni. [1]

 

E’ scritto in ogni dove che da 1 € speso in cultura ne ritorna 1,70. Significa che quasi si raddoppia il valore di ciò che spendi in cultura. E poi si sa, lo sanno anche le famose pietre di Spoleto, che questa è la città della cultura. Dunque la scelta a suo tempo fu azzeccata e felice: fare di Spoleto la città della cultura: spendi 100 e ti rientrano 170!

 

Ma infine cosa leggiamo nelle proposte fatte da questa amministrazione? Il taglio più consistente riguarda proprio gli eventi e attività culturali per circa 605 mila euro! Sulla voce complessiva per la funzione cultura di circa 2 milioni di euro. Un taglio in due anni per 605 mila euro stanno a significare che non si potrà più fare nulla a Spoleto, che la cultura è moribonda più che mai. Addio a quel poco che le briciole del bilancio, prima dello Stato, poi del Comune potevano permettere. Si spenderanno  soldi per la cultura solo per personale e servizi quali utenze,  assicurazioni, pulizie, manutenzioni,   gestione di servizi da parte di privati. A latere dei contenitori. E i contenuti?

 

Scusate se sono coerente ma allora dove va la Città della Cultura? Che fine fa quella vision che inseguiamo da almeno 30 anni? Niente da fare cari Concittadini. Si ha un buco di nove milioni e nella Città della Cultura si taglia la cultura, alé!

 

Badate bene però che nella voce “Opere pubbliche” ci sarà da definire le finalità di alcuni stabili quali Palazzetto Campello e l’attigua Chiesa dei SS. Simone e Giuda … che sono delle unità culturali. Con quali soldi? La definizione sarà puramente teorica? 

 

Infine, i geni che ci governano hanno trovato una soluzione. In barba  alla   lotte contro la distruzione del paesaggio e dei beni ambientali, in barba al Codice dei Beni e Attività Culturali e a tutte le leggi in difesa del paesaggio italiano. A  Spoleto, città della cultura,  l’avrà vinta , nella voce Investimenti ,   l’introito per oneri di urbanizzazione per l’area di Fabbreria (una delle più pregevoli della Valle Spoletana) con il centro commerciale “Il Cerqueto”, dove sarà ospitato anche un MacDonald’s. Qui  Il Comune incasserà  1  milione e 200 mila euro. Questo è il sistema: per far quadrare i conti della gestione del buco nel  bilancio del Comune,     questi  sciagurati cialtroni distruggono tutto per sempre. Viva la palazzina! Viva il centro commerciale! Viva il fast food! Avanti popolo!

 

Ci domandiamo: l’opposizione che ha scoperto il buco di bilancio cosa fa? Sta a guardare? Pensa di comprarsi qualcosa in questa svendita?  Eppure di idee da sviluppare e metterle a reddito in poco tempo ce ne sono e potrebbero essere bei cavalli di battaglia. Primo fra tutti quello della coerenza?

 

Poi, per esempio, quello del centro commerciale naturale riferito al centro storico? No oneri di urbanizzazione da riscuotere, no terre da svendere, si a campagne da violare con le palazzine a schiera e si a centro storico da svuotare di abitanti rendendolo sempre più fantasma.

 

Spoleto città fantasma!   Che credeva di essere una città della cultura e si è ritrovata a essere un luogo qualunque, senza nessuna qualità né sostanza,  lontano dai circuiti culturali europei, poiché nel frattempo gli amministratori si sono venduti pure la vision!

 

 Rita Correnti

Presidente Associazione Piazza Duomo

 16 dicembre 3013



[1]

Il dramma è rappresentato dal tempo: 2 anni per ripianare 9 milioni di euro. La voce più consistente riguarda le alienazioni per ben 11 milioni di euro.

Sta a significare cosa? Semplice, che forse c’è qualcuno molto più propenso a vendere beni dei cittadini (e vendere in fretta)  che lavorare per capire come rientrare dei 9 milioni non in 2 anni ma magari 5,  modulando le varie voci operando dei tagli scientifici su sprechi e prebende e disservizi.

 


 

Spoleto città della Cultura. Ma ne vogliamo parlare?

 Parte Prima

 

La depenalizzazione  del “falso in bilancio” è l’ incipit  di vari disastri disseminati nel nostro suolo nazionale. Anche Spoleto ha il suo.

Però v’è da dire che tale depenalizzazione è stata una mano santa per la creatività dei ragionieri preposti, che di per se sono abbastanza tristi e desolati, ma così sono dei veri geni del tarocco.

Sta di fatto che un bel giorno la nostra Città si è svegliata col suo bel buco di bilancio di circa 9 milioni di euro, creatosi, neanche a dirlo, dal tempo della famosa depenalizzazione.

 

Onestamente rimane difficile credere che l’attuale Giunta ne sia colpevole per intero!

Se la responsabilità  di questa Giunta è relativa nella creazione del buco,  è però assoluta  nell’aver nascosto o addirittura ignorato tale cosa per ben 4 anni.

 

Il rientro è previsto in 2 anni (!) e così inizia lo “show road” con gli stake-holders, cioè gli Spoletini,  per far digerire la soluzione, quella di vendere le ricchezze  di tutti per ripianare gli errori farlocchi  di pochi. Da un’attenta lettura   sembra che la pezza sia peggiore del buco. Forse è bene ragionarne su, poiché siamo in allarme rosso.

 

Da sempre si dice che Spoleto è la città della Cultura: vuoi per le Unità Culturali[1]( proprietà dei Cittadini),  vuoi per il Festival dei Due Mondi, vuoi per il Teatro Lirico Sperimentale, vuoi per il CISAM e tante altre prestigiose Istituzioni culturali  che qui risiedono e ormai giacciono.... Ma vuoi anche per la natura e l’ambiente, per le sue dolci colline e la sua cornice di boschi e pianure feconde. Vuoi per la bontà dei  prodotti della terra e della maestria degli artigiani nel trasformarli creando  un bel comparto di eno-gastronomia.   Anni di discussioni, di progetti, di finanziamenti, perlopiù mirati allo sviluppo di un polo culturale dall’ambizione internazionale. Conseguenza i  restauri prestigiosi, la mobilità alternativa per creare un centro storico senza automobili, a misura d’uomo, i percorsi tematici,  ecc. ecc.

 

Ebbene, questa ambiziosa visione di Città della Cultura, condita da una programmazione stentata e miope  per mancanza di materia prima (i Talenti), subirà un colpo sonoro che si sentirà abbastanza forte se i legittimi proprietari, cioè gli Spoletini, non si rifiutano di proseguire su questa china distruttiva.  E le premesse sono tutte nel piano di rientro  per coprire il buco di bilancio  di 9 milioni di euro.

 

Analiticamente il buco è diviso tra spesa corrente e spesa in conto capitale. A fronte di ciò si legge che nella previsione di rientro  vi sono 2 macro sezioni: una composta da alienazioni per ben 11 milioni circa e l’altra da tagli e riduzioni varie per circa un milione e 800 mila euro.

 

Analizziamole.  Nella  parte che riguarda le alienazioni   balzano agli occhi delle cose che vanno contro il concetto di Città della Cultura, un concetto “slow”.  La più cospicua  è del valore di 4 milioni e 400 mila euro: si tratta  dell’ azienda agricola di Giano, lascito di Papa Leone XII,  al secolo Annibale Della Genga, cardinale della Genga, con una storia particolare. Qui il Comune non può alienare un bel niente poiché vi è una clausola di destinazione  che forse ancora vale.  (Mi riservo di andare a verificare sul Sansi   VIII- 9, 10, 49). Qualcun altro si accerti delle Carte e dei Codici.

Bene fece Annibale della Genga a destinare i proventi dell’azienda agricola al sostentamento delle scuole dei bimbi di Spoleto. Dimostrò di avere un sentimento di pietas e di lungimiranza,   ben cosciente che senza istruzione non si va da nessuna parte e che  la scuola deve essere supportata in ogni modo. Anche con un’azienda agricola!

Ebbene siccome nessun genio del Comune oggi è in grado di far produrre questa azienda, malgrado l’esempio e l’esistenza  di Slow Food, di Eatitaly,  di una catena di food in America latina dal marchio “Spoleto” [2] (tutte realtà oggi molto di moda  che avrebbero dovuto far scattare una qualche scintilla creativa),   si pensa bene  di rinunciare a creare posti di lavoro in agricoltura per giovani del luogo  e addirittura  di alienare un’azienda agricola in piena riscoperta del settore a livello nazionale.

Ovviamente ci sono più richiedenti interessati,  dicono 6: a questo punto forse è meglio cederla.  Ma che nel capitolato di alienazione (sempre che si possa fare)  inseriscano l’obbligo di impiegare gente del territorio nella gestione e produzione di cibi, con la clausola che l’azienda  non venga spezzettata,  rivenduti i terreni  per farci villette a schiera e  incassare oneri di urbanizzazione.

 

Le rimanenti alienazioni sono un colpo al cuore in due o tre casi: l’ex Mattatoio per un valore di 1 milione e 500 mila euro, il Fortilizio dei Mulini in prossimità del Ponte delle Torri per un valore di 450 mila euro,  l’Eremo di S. Antonio a Monteluco per un valore di un milione di euro, il lavatoio delle Felici.

Non possiamo che fare i complimenti per la scelta: la politica a Spoleto  ci ha già abituato al disprezzo per la storia con la distruzione dell’ex cotonificio. Ora dovremmo capire il perché un altro pezzo di archeologia industriale,  rappresentato dall’ex Mattatoio, debba essere ceduto. Ovvio, perché non ci sono mai state idee a riguardo. L’ex sindaco lo voleva addirittura affittare a un’azienda di macellazione carni!  Un pezzo di pregevole architettura industriale del XIX secolo potrebbe    essere valorizzato   come sala prove per ballerini, attori, cantanti, musicisti. Invece verrà alienato a chissà chi, che avrà chissà quali legittime intenzioni diventandone il proprietario! Ma la Città del Festival che vive tutto l’anno è Spoleto?

 

Qualche anno fa ci fu una simpatica iniziativa che riguardava tutti i fontanili di Spoleto: a significare lo sviluppo del concetto di acqua pubblica e di servizio alla Città per lo sviluppo e la salute. Però nell’insieme  non c’era la Fonte delle Felici, che verrà testé venduta per 80 mila euro. Perché? Perché è stata lasciata decadere, crollare, disintegrare sotto i colpi del menefreghismo e dell’incuria. Già negli anni ’90 la volevano dare in comodato d’uso per circa 30 anni, con l’obbligo del restauro ed usufrutto limitato. Ovviamente nessuno   abboccò. Oggi, dopo la completa distruzione per abbandono, se ne vogliono liberare per sempre.  Addio concetto di “nostra sorella acqua” pubblica!

 

Un pensiero anche per  l’Eremo di S. Antonio. Domando: non c’era il progetto di    concessione  alla Scuola edile di Perugia?  O addirittura di una Specializzazione universitaria? Che  fine ha fatto quel progetto? Sotto quale mannaia si è sgretolato? Eppure sarebbe stato consono alla vision di polo culturale un centro  di specializzazione, no? Non se ne sa nulla, chi vuole la può acquistare, costa solo un milione di euro.

 

Non riesco infine a trovare parole per il Fortilizio dei Mulini.  Costa appena  450 mila euro; mi ricorda il prezziario delle cene da fare a Palazzo Vecchio a Firenze, licenziato dai miserrimi impiegati della Soprintendenza, che pur di racimolare quattrini  affittano Sala dei Cinquecento a chi vuole il brivido della storia dell’arte. Pura follia!  Cosicché anche Spoleto ha la sua di follia: Monteluco – Acqua pura e cristallina che sgorga dalla montagna -  Fortilizio dei Mulini – Ponte delle Torri – Rocca Albornoziana. Un unicum tra natura e architettura,  con inserimento di ingegneria idraulica sin dal tempo degli Antichi Romani. Amen.

 

In sintesi ci si sbarazza  di ciò che non si è in grado di gestire per produrre benessere e sostanze. Tutte queste ricchezze sono viste come oneri, scocciature, pesi morti, problemi, grattacapi, fastidi, noie. Ma sono le ricchezze degli Abitanti di Spoleto, passati, presenti e futuri.  E’  necessario un referendum per le alienazioni di beni pubblici.    

Spoleto non si vende.

 

 Rita Correnti

Presidente Associazione Piazza Duomo

11 dicembre 2013

 


[1]

Unità Culturali: 8 musei – 26 siti archeologici - 3  Siti Medioevali  particolari - 4 siti di Archeologia Industriale – 17 Archivi – 11 Biblioteche – 8 Teatri – 2 Sale cinematografiche (una chiusa)  - 1 Scuola comunale di Musica – 4 Strutture congressuali di proprietà comunale – 7 (sulla carta) Scuole di specializzazione post-universitaria e alta formazione  - 2 Auditorium – 24 Palazzi storici pubblici e privati (disponibili a uso pubblico) -  3 Ville storiche – 3 Castelli – 17 Chiese sconsacrate di proprietà comunale – 9 Sculture di Arte contemporanea come arredo urbano – 4 Beni Monumentali (tra cui il Fortilizio dei Mulini) – 3 Residenze d’epoca (proprietà privata) – 15 Beni Ambientali – 6 Percorsi tematici – 5 Caserme (di cui tre di proprietà del Mi. Difesa)

 

[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Spoleto_(restaurant) Spoleto   is a Brazilian restaurant chain that develops the concept of fast food to Italian cuisine. The restaurant's name is a tribute to the town of Spoleto, Italy. The company was established in 1999 in Rio de Janeiro by Eduardo Ourivio and Mário Chady. In 2001, the company adopted the franchise system. Currently, the chain has over 200 restaurants located throughout Brazil, eight in Mexico and three in Spain.

  


da   "IDEE PER L'ITALIA, APPUNTI PER LA CULTURA"

di    Patrizia Perugini, Monaco di Baviera

agosto 2012

 

Rimettiamo tutto a posto 

 L’ultima volta che ho viaggiato in treno dall’aeroporto di Roma a Spoleto, la decadenza dell’Italia mi è arrivata in faccia come uno schiaffo.

Immaginate che la cornice del finestrino corrisponda a un’inquadratura: i circa 150 chilometri che ho visto scorrere sotto i miei occhi, in due ore e passa di viaggio, equivalgono ai fotogrammi di una pellicola degli orrori. Non esiste più una spanna di terreno lasciata libera dall’incuria. Non c’è soluzione di continuità al brutto. Il catalogo della sporcizia e dell’abbandono si srotola implacabile chilometro dopo chilometro. Case e capannoni convivono alla rinfusa. A questi si intrecciano strade, svincoli, rotatorie, cavalcavia, in un intrico di direzioni che ha perso ogni funzione logica. E poi parcheggi. Supermercati. Giganteschi cartelloni pubblicitari. Lamiere abbandonate. Carcasse d’auto non lontano da striminziti giardinetti con l’erba secca. Rifiuti sparpagliati ovunque. Lattine e bottiglie lungo le scarpate. Sacchetti e filamenti di plastica impigliati tra i rami e le sterpaglie. Pretenziose villette addossate a tettoie in lamiera, addossate a loro volta a vecchi casali lasciati andare in rovina. Scheletri arrugginiti di fabbriche. Poveri orti recintati malamente. Bidoni. Pneumatici. Roulotte scassate. Caotici lavori in corso. Cave. Magazzini. Centri commerciali grandi come paesi. E’ tutto sgradevole. E sullo sfondo altre colline già mezze mangiate dagli scavi dei bulldozer, per altre villette pretenziose, altri centri commerciali, altri capannoni. 

Nell’orrida stratificazione partorita in decenni di abusi e assenza di piani urbanistici nazionali, spuntava qua e là qualche solitario mandorlo in fiore, fragile araldo della primavera, sopravvissuto chissà come allo sgretolamento del territorio.

Studiando la storia, ho appreso sin da piccola la nozione che l’Italia è stata invasa per secoli dai barbari del Nord, che arrivavano a devastare i nostri bellissimi luoghi. Spiace dirlo, ma il rapporto oggi s’è completamente ribaltato. I barbari siamo noi. La devastazione è prodotta in casa.

Arte, cultura, natura, che un tempo erano sinonimo di Italia, rischiano di diventare parole vuote avanti di questo passo.  Ecco, dobbiamo ripartire da qui. Affinché l’Italia possa di nuovo recuperare il suo primato mondiale in campo artistico, culturale e paesaggistico dobbiamo innanzitutto rimettere in ordine la casa e renderla presentabile. Perché al momento non siamo credibili. Dobbiamo rimboccarci le maniche, TUTTI, e lavorare sodo per ridarci innanzi tutto l’aspetto di un Paese civile.

Armiamoci di ramazza. Incoraggiamo alcuni comportamenti e scoraggiamone altri. Sono innumerevoli le forme di incentivazione che possono essere adottate, anche per legge, per premiare, o se necessario punire. La creatività italica non ha che da sbizzarrirsi, in modo da convertire il problema in una risorsa: c’è lavoro per molti, giovani, donne, anziani, disoccupati. Lavoro che può dar diritto a veri e propri compensi, o a crediti di varia natura, sconti, buoni acquisto, vantaggi fiscali, facilitazioni, scambio con altri servizi, premi, ingressi gratuiti ai musei, al cinema, a teatro e quant’altro. Dovrebbe però esserci alla base una volontà nazionale condivisa, magari con una campagna apposita, affinché parta una gara, da Nord a Sud, per far tornare l’Italia il giardino d’Europa e noi Italiani di nuovo orgogliosi di esserlo.

E’ possibile.

 

 

© 2012 di Patrizia Perugini. Tutti i diritti riservati. (auto-pubblicato in: ilmiolibro.it)